In occasione dell’apertura della sua mostra personale presso l’ARATRO, la redazione di Molise.zon ha avuto l’opportunità di fare qualche domanda in esclusiva ad Adriano Nardi, gradito ospite dell’Unimol.
Perché la scelta delle “suicide girls” come modello da cui prendere spunto per le sue opere?
In genere lavoro con le immagini di modelle professionali delle riviste di moda. Le suicide girl sono quella parte "non ufficiale", si autodefiniscono tramite internet con fotografi non professionisti; poi c’è il discorso del tatuaggio sulla pelle: la pittura suicide è una pittura tatuata, quindi l’idea dell’ago che entra nella pelle della pittura. Prendiamo l’opera “Suicide Sustainable Landscape”: queste parti sono tutte ritagliate e cucite, come una pelle su pelle. Una sorta di tatuaggio su tela.
I disegni delle suicide girls sono fatti a carboncino, olio, pastello. Ho associato quest’idea delle suicide girls con una pittura più fresca, moderna, giovanile e semplice nell’uso della tecnica. Più sfrontata, proprio come loro.
Che cosa la attrae di questo modo di rappresentare la realtà, dell’unire alla tela elementi diversi?
L’intera opera si chiama “Suicide Wall”. Questa in particolare si chiama “Suicide Sustainable Landscape”, cioè “paesaggio sostenibile”. È un’idea ecologista, di recupero della materia: qui c’è di tutto, dalle tovaglie alle camicie, stoffe di vario tipo che io uso per pulire i pennelli e che poi metto da parte. Ognuna è un piccolo quadro astratto. Tutto l’insieme, poi, è un grande organismo: c’è la stoffa, il legno… tutti materiali organici.
Qual è l’idea centrale che l’ha ispirata per realizzare l’opera?
C’è una parte tecnica che consiste proprio nel recuperare tutte queste stoffe. Se guardi “Swingeing London”, è un viaggio che ho fatto a Londra. È una composizione di fotografie: ci sono vari luoghi della città dipinti in modo astratto e messi insieme in un unico quadro. Il primo, invece, è un’immagine presa da Sebastiao Salgado. Si chiama “Genesis”, rappresenta un gruppo di indigeni raccolti in una dimensione conviviale. Si distingue una dimensione naturale antropologica da una spirituale e biologica. È tutto un lavoro fatto durante il 2014, l’unione di diverse esperienze unite insieme.
[In riferimento all’ultima opera] La scelta delle immagini è casuale o c’è un filo logico che le collega tra di loro?
Questo è un lavoro fatto con immagini prese da internet: movimenti, studenti, paesaggi, donne. Anche qui ci sono le suicide girls o le bambine dei paesi emergenti. È un pot-pourri di situazioni mischiate. La scelta delle immagini dipende dall’impatto visivo. Un’immagine mi deve ispirare. È l’occhio che sceglie. Ci sono foto di ragazze, di modelle ufficiali, immagini di movimenti, piccoli pacifisti, le suicide girls, giovani manifestanti. È la rappresentazione delle lotte – reali e intellettuali – per ottenere i diritti. E l’immagine della donna in primo piano è in un certo senso il risultato ottenuto. Negli anni ’60-’70 la libertà sessuale era stata conquistata. Adesso c’è stata una regressione, soprattutto da noi in Italia. Esporre opere del genere a Roma, ad esempio, potrebbe essere un problema. Partire dalle università potrebbe essere un modo per spingere la società in avanti.
Adriano Nardi ci ha così condotto in un piccolo viaggio tra le sue opere, mostrandoci la realtà attraverso i suoi occhi e rappresentata in un modo totalmente nuovo.
Ringraziamo il prof. Lorenzo Canova per averci dato la possibilità di incontrare questo artista innovativo e talentuoso e invitiamo tutti a visitare la mostra “Suicide Painting” presso la sala Aratro nel II edificio polifunzionale dell’Università degli Studi del Molise.