Adriano Nardi personale "Le naviganti"  ADRIANO NARDI
 
 
   
 
 
 
     
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A destra:
 
XXVII Microdipinta
2004
cm 41 x 32
Crc-Lambda print su alluminio

 

XXIII Microdipinta
2002
cm 40 x 32
Crc-Lambda print su alluminio

 

XXII Microdipinta
2002
cm 32 x 45
Crc-Lambda print su alluminio
Collezione privata
 
XIII Microdipinta
2002
cm 34 x 32
Crc-Lambda print su alluminio
Collezione privata
 
 
     

 

MICRODIPINTA

a cura di Alessandra Maria Sette

 

Spazio Arte Teatro Sala Umberto

Via della Mercede 50 - ROMA - tel. 06 6794753   335 8062100

ufficio stampa: Giuliana Lamanda   333 6022223     

vernissage, martedì, 17 Febbraio 2004, h.19

orario: lunedì / sabato h 11-20 - domenica h 15 – 20

fino al 30 Marzo 2004

 

_ E’ ancora la Pittura ad affermare la propria visione. Abita quel più piccolo ambiente, microdipinta tra la pelle retinata dal rotocalco, la porosità della carta e la densità del segno. Un’immagine costituita a livelli, vettoriale, oppure organica? Ancora, quel fiducioso sguardo ecologico sul mondo. _

  

 

 

  Sui Microdipinta

di Bruno Di Marino  

Quando nel XIX secolo la fotografia ha fatto la sua comparsa sulla scena delle arti, molti pittori hanno cominciato a temere per la loro sorte. In realtà il nuovo medium ha avuto il merito di svecchiare la pittura, affrancandola dall'obbligo del realismo e contribuendo alla graduale affermazione dell'astrattismo. Oggi il video e la fotografia digitali non rappresentano più una minaccia millenaria come allora, ma – ancora una volta – una nuova possibilità di trasformazione del linguaggio. A distanza di oltre 150 anni la pittura è ancora viva e vegeta, anche se non può sottrarsi alla necessità della sfida tecnologica.

Lo ha capito molto bene Adriano Nardi che, già da molti anni, esplora le infinite combinazioni di un confronto tra pittura manuale tradizionale e stampa digitale. Per l'artista le due tecniche, i due linguaggi, non sono affatto in contrasto tra loro, ma concorrono semmai a rendere più complessa e affascinante la percezione dell'immagine finale, nonché la lettura e l'interpretazione del quadro. Nardi parte solitamente da un'icona preesistente, da una fotografia pubblicitaria, da un ritaglio (anche molto piccolo) di giornale, trasformando l'immagine in pittura ad olio – secondo un'estetica del prelievo che, anche cromaticamente, si avvicina alla Pop Art – o rielaborandola al computer per poi stamparla su tela o su supporto fotografico incollato su alluminio. Successivamente, l'artista può dipingere ulteriori elementi (solitamente una figura) o negli spazi lasciati in bianco della composizione digitale, o direttamente su di essa. La texture elettronica, diventa così lo sfondo virtuale su cui stendere pennellate reali intrise di colori vivaci. La superficie stampata e lo strato pittorico, convivono in un intarsio frastornante e caleidoscopico. La realtà scomposta, solarizzata, deformata, ridotta in pixel dalle tecniche digitali, dunque resa astratta, si confonde con la figurazione pittorica all'interno di un'unica trama, davanti alla quale lo spettatore ha difficoltà a distinguere i due tipi di intervento, quello manuale da quello numerico. Come la pittura elettronica simula la materia pittorica e in alcuni casi la stampa digitale riproduce il segno pittorico dell'artista, così anche i colori ad olio da lui scelti si avvicinano ai toni acidi dell'immagine RGB televisiva o computerizzata: il rosso, il verde e il blu primari che riuniti insieme costruiscono la varietà dello spettro catodico.  

       La sua nuova serie di quadri Microdipinta, rappresenta per Nardi l'inizio di una nuova fase. Se il materiale di partenza restano – come suggerito dal titolo della serie – riproduzioni fotografiche molto piccole, quasi tutte di volti femminili, su cui l'artista imprime il colore con le dita o con un pennellino, il risultato finale stavolta è unicamente il plotter digitale, ottenuto dall'ingrandimento dell'immagine originaria ‘ritoccata’ pittoricamente. Senza rinunciare all'orgia cromatica che contraddistingue la propria estetica, Nardi riduce all'essenziale i termini dell'intervento. Per esempio in Microdipinta III (2002) l'artista si limita a piccole pennellate rosse sul volto di una donna giapponese; uno scarabocchio sulle labbra è il suo modo di negare e al tempo stesso di appropriarsi dell'eros di tale icona. In Microdipinta II - The Flag (2001) è l'unico caso in cui l'artista utilizza una fotografia in bianco e nero, fortemente sfocata (l'immagine va infatti vista a un certa distanza per godere i lineamenti del volto), che riproduce metà del volto di una donna; al di sopra dell'occhio ecco espandersi una grossa macchia di pittura, color sangue secco, una sorta di ferita che rende questo volto ancora più inquietante: se non fosse per la bocca sensualmente semiaperta, la donna potrebbe essere morta. In altri quadri della serie l'intervento pittorico è indubbiamente maggiore, e predomina solitamente il rosso, uno dei colori che rende di più con la stampa digitale. Per esempio Microdipinta X – Grande sole (2002) riproduce in orizzontale un volto ravvicinato su cui l'artista ha impresso le proprie impronte digitali impastate di rosso. Di dimensioni molto più ridotte (41x32) sono Microdipinta XXVI (2002) o Microdipinta XXVII (2004), dove il volto femminile è cancellato dalle pennellate o tagliato fuori dai bordi del quadro, ma proprio per questo a dominare è lo sguardo, un occhio che implacabile cerca lo spettatore, come un corpo umano sopravvissuto alle macerie di un terremoto. In altre composizioni il volto femminile diventa elemento vegetale (fiore) o animale (farfalla), grazie al colore che l'avvolge e rifluisce come un'onda.  

                     Nei Microdipinta la pittura non è (non fa) più materia, non sopravvive più come elemento vivo sulla superficie stampata. E' un tocco cristallizzato, imbalsamato, quasi sottovetro. Ri-prodotto fotografinumericamente. Nardi riporta le due trame a un unico livello. Ma l'osservatore continua ad essere ingannato, ad illudersi che sia la pittura a dominare, a dire l'ultima parola. Teoricamente è la pennellata ad essere assorbita nella trama piatta della riproduzione digitale, ma concettualmente è ancora lei a dare il senso ultimo alla figurazione, a infondere all'immagine un'atmosfera, a donargli una possibilità narrativa. Il volto di donna con una ferita sulla testa (Microdipinta II) è quasi un fotogramma di film noir, un'immagine carica di attese, sospesa tra un prima e un dopo.

Ma qual'è il prima e quale il dopo di questa pittura? Il prima è il piccolo formato fotografico, il dopo è l'ingrandimento. Il prima è la pennellata, il dopo è la riproduzione di essa. In mezzo c'è un processo di rielaborazione che conduce dal fotografico al pittorico e dal pittorico nuovamente al fotografico. Ma la pittura, nonostante diventi ontologicamente solo un segno tra i tanti inglobato nella dimensione numerica, fa ancora la differenza. Opera ancora uno scarto, illusorio se vogliamo, ma capace di ricordarci che la forza emotiva e linguistica di una pennellata non viene offuscata, bensì si riverbera e si rinnova nell'immaginario della figurazione digitale.        

   (Roma,  febbraio 2004)

 

 

 

 

 

 

 

         

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