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Theatrum

galleria La Giarina

 

Adriano Nardi. Teatro di guerra, 2018.

 

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ATTO II

Diversa è l’attenzione che richiede il grande sipario di Adriano Nardi (Teatro di guerra, 2018), dove l'artista romano cerca di dar corpo a un'immagine tormentata della distruzione della città di Goutha in Siria. Nel suo caso, solo la distanza mette a fuoco la totalità della scena, l'immenso rovina che si manifesta sulla tela.

Da vicino invece si coglie una pericolosa avventura di liquefazione, di disgregazione luminosa della pittura: sono gesti anarchici, slanci fermati in volo, ritmi sincopati. È inutile cercare un appiglio, un aggancio in questo spazio tentacolare e smagliato. Qui non si da inizio o conclusione, ma solo incroci, crocevia, inabissamenti, e anche  ascese, riti cerimoniali della superficie e della profondità. Ed è come se qualcosa del tempo, del

consumo del corpo, della respirazione s'inscrivesse sulla tela. Del resto, non diceva Delacroix: "Quando sono nel mio atelier entro in scena"? Ma la pittura di Nardi appare anche eretta, alzata, parietale: è movente, apparente-scomparente, per eccessi, per crisi, per danze, una pittura "soffiata" come se fosse fatta da un attore. E che l'artista pensi costantemente al teatro lo attestano anche le piccole foto ritoccate della serie Headdtrance in Yarmouk (2018), dove delle figure femminili fanno da introibo alla scena, come avveniva nelle recite di un tempo o quel "patchwork" di frammenti di tela dipinta (Against all violence, 2017) che rimanda allo spazio intessuto di inesauribili e indicibili relazioni che è il palcoscenico.

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Luigi Meneghelli

 

 

 

Adriano Nardi. Against all violence(swastika), 2017.

 

Adriano Nardi. Headdtrance in Yarmouk, Syria, 2017.

 

Adriano Nardi. Trancesuicide, 2015.

 

 

ADRIANO NARDI